Saporita, fresca, leggera e adatta a preparazioni rapide, la carne salada è perfetta per la stagione estiva. Quello della salatura è uno dei più antichi metodi di conservazione della carne, adottato già dai Romani e declinato in numerose varianti nel corso dei secoli. La ricetta che abbiamo scelto di seguire per la preparazione della carne salada che trovate in macelleria è quella tradizionale del Trentino, regione nella quale questo tipo di prodotto è particolarmente popolare. Si parte da un pezzo di manzo scelto, che per prima cosa viene sottoposto a salatura: per far sì che il sale penetri in maniera omogenea all’interno delle fibre la carne viene “zangolata”, passata cioè all’interno di un apposito macchinario (la zangola) che la fa ruotare su sé stessa in assenza di aria, procedimento che serve anche ad ammorbidirla ed a ravvivarne il colore naturale.
Dopo una breve asciugatura all’interno della cella frigorifera, la carne è legata, avvolta in un foglio di carta e lasciata stagionare per 15 giorni. Al termine della rapida stagionatura la carne salada assume l’aspetto di un salume fresco e può essere consumata come il carpaccio, insieme all’insalata oppure accompagnata da verdure di stagione.
Come indica il nome stesso, la carne salada è originaria del Trentino, dove cominciò a diffondersi già a partire dal ‘700. Fino agli anni ’50 del secolo scorso era usanza salmistrare (mettere sotto sale) tutti i pezzi del manzo che si volevano conservare per lungo tempo, questo per poter consumare durante l’inverno e la primavera i “bolliti”, cotti nell’acqua senza sale perché già saporiti e sapidi. Prima dell’avvento dei frigoriferi, la tecnica della salagione è stata per secoli l’unico metodo che permetteva alle carni di conservarsi per lungo tempo. Ogni zona d’Italia aveva le sue specialità: in Calabria ad esempio si produceva (e si continua ancora a farlo) la carne ‘ncantarata (letteralmente carne in vaso, dal greco kàntharos), carne di maiale conservata sotto sale in vasi di terracotta, condita con peperoncino e semi di finocchio.
La carne secca invece è tipica della cucina ebraica romana, realizzata con un taglio particolare del bovino adulto, detto copertina di pezza, che ha uno strato di grasso laterale: si sala, si pepa e si mette a stagionare all’aria per due o tre settimane. Si tratta di una preparazione invernale, che si trova solo presso le famiglie e nei ristoranti dell’area dell’antico ghetto. Anche in Toscana (e specialmente in Val di Serchio e in Garfagnana) si produce un particolare tipo di carne salata di suino, detta anche carne del Bigoncio (o carne in Bigongia). Per la preparazione si utilizza la parte inferiore del prosciutto, che viene tagliata in pezzi e disposta a strati nei contenitori di vetro, aggiungendo sale grosso, aglio, rosmarino, pepe in grani e spezie varie, ottenendo in tal modo una salamoia senza aggiunta di acqua.
Al netto delle variabili locali, da questo tipo di trattamento delle carni hanno avuto origine i moderni salumi, quelli che consumiamo tutti i giorni. Spesso conoscere il passato ci aiuta a comprendere il presente, anche a tavola.